Definire cosa sia un lichene è una questione molto più complessa di quanto si possa pensare. Questa domanda ha messo in moto le menti dei naturalisti, e degli scienziati in generale, già dal Seicento.
Prima considerati come unità naturale, è stato possibile osservare la loro “duplice natura” solo nell’Ottocento (con lo sviluppo tecnologico e l’utilizzo del microscopio) anche se questa non è stata compresa fino a quando il botanico Simon Schwendener descrive i licheni come “funghi in relazione con alghe”.
Oggi sappiamo che un lichene è il risultato della simbiosi fra un fungo (micobionte) e un’alga verde e/o un cianobatterio (fotobionte). La lichenizzazione è una vera e propria strategia alimentare di alcuni funghi che, non riuscendo a procurarsi autonomamente sostanze nutritive, sfruttano i prodotti della fotosintesi operata dai fotobionti. Diversamente dal parassitismo, non portano a un deperimento del loro ospite, anzi ne stimolano la crescita e la produttività.
Sebbene il concetto di simbiosi rimanga valido, negli ultimi anni la loro “duplice natura” (micobionte + fotobionte) si è rivelata decisamente più complessa. Alle componenti principali della simbiosi si aggiungono altre componenti accessorie, come funghi e un ricco microbiota.
Il risultato? Un vero e proprio ecosistema in miniatura, in cui il fungo determina principalmente la morfologia e assembla tutte le componenti.