Gli orsi sono animali spesso discussi, sia dagli esperti che lavorano per la loro conservazione, sia dai media, che tendono a concentrarsi sui casi di cronaca, alimentando timori infondati. Uno studio del 2019 di C. Tattoni evidenzia la distribuzione degli orsi in tre cluster principali: due nelle Alpi (Trentino e Tarvisiano) dove si trova l’Orso bruno ( ), e uno nell’Appennino centrale, abitato dall’Orso bruno marsicano ( ), una sottospecie endemica, con circa 50-60 individui.
L’Orso bruno alpino, spesso al centro delle cronache, ha abitudini crepuscolari e una dieta varia a base di frutta, piante, piccoli animali e carcasse. Vive solitario e i cuccioli nascono in inverno durante il letargo. La sottospecie marsicana, presente nel Parco Nazionale d’Abruzzo, si distingue per una dieta principalmente vegetariana e alcune differenze morfologiche, come denti più adatti a macinare.
Entrambe le specie sono a rischio e inserite nella Lista Rossa IUCN, con vari progetti di tutela in corso. Il programma LIFE Ursus opera nelle Alpi, mentre LIFE Bear-Smart Corridors è attivo nell’Appennino e in Grecia. Diverse associazioni, come WWF e Salviamo l’Orso, promuovono la convivenza con gli orsi e la loro protezione.
Nonostante l’orso sia potenzialmente pericoloso per l’uomo, esistono piani di azione per gestire i rischi e promuovere la coesistenza, come il PACOBACE per l’Orso bruno alpino e il PATOM per l’Orso marsicano. Il Parco Nazionale d’Abruzzo ha messo in atto misure preventive, come l’installazione di cassonetti anti-orso e la chiusura di sentieri nei periodi critici, per ridurre al minimo il contatto tra uomo e orso.

Carlo Spacca