Passeggiando per il Museo Giovanni Capellini di Bologna è quasi impossibile non attraversare la lunga sala al centro del secondo piano, dove a rubare la scena sono alcuni peculiari tronchi silicizzati, corti e tozzi, simili a quelli di cicadee. A Bologna è infatti ospitata una delle più importanti collezioni al mondo di fossili del genere Cycadeoidea, con esemplari provenienti da diverse località. Numerosi di questi tronchi fossili sono stati ritrovati proprio in Emilia-Romagna, soprattutto delle Argille Varicolori, una serie di depositi marini (che oggi sono spesso esposti come calanchi ai piedi dell’Appennino settentrionale) in cui queste piante si accumularono principalmente nel tardo Cretacico.
L’esemplare ritrovato nel 1745 a Castel de’ Britti, fu la prima scoperta in Europa, ora dispersa. Nel XIX secolo furono rinvenuti in territorio emiliano-romagnolo numerosissimi esemplari di , che permisero agli studiosi del tempo, fra cui Giovanni Capellini, di istituire ben 11 specie.
Fu soprattutto Capellini ad arricchire la collezione di cicadeoidee del museo di Bologna, acquisendo anche esemplari provenienti da diverse parti del mondo, soprattutto dagli Stati Uniti. Ad esempio, acquisì dal professore americano G. R. Wieland l’olotipo di . (slide 2) in cambio di alcuni altri fossili. Inizialmente però ci fu un errore nello scambio e a Bologna arrivò un’altra specie, . (slide 3), di cui Capellini riuscì alla fine a trattenerne metà, oltre a ricevere il fossile originariamente richiesto.
Superficialmente queste piante possono rassomigliare delle cicadee, ma fanno parte di un gruppo differente, le Bennettitales, le quali possedevano delle strutture riproduttive complesse, simili a fiori: una delle prime fu osservata sulla C. etrusca conservata a Bologna (per conoscere l’origine del suo nome, vedi slide 6).

Riccardo Rocchi